Una “pratica macabra”. Che va interrotta immediatamente. La procura di Milano ha chiesto alla polizia postale di sequestrare tutti i siti che diffondono i video con la “sfida del blackout”, il folle gioco che sarebbe dietro la morte di Igor Maj, il ragazzino di quattordici anni trovato morto giovedì scorso nella sua casa.
Il giovanissimo, ex campione regionale di arrampicata e atleta della “Boulder&Co climbing” di Agrate, era stato trovato senza vita nella sua stanza con una corda legata al collo e appesa al suo letto a castello.
Inizialmente si era pensato a un suicidio, ma poi sul computer della giovane vittima erano apparse delle ricerche proprio sul “blackout”, una sfida diffusa online che spinge i “partecipanti” a svenire per asfissia.
I genitori hanno denunciato i video “blackout” che ha incitato il ragazzo alla “sfida”. Il video aveva oltre 1 milioni di visualizzazioni.
Riportiamo un’interessante riflessione di “Adolescienza“:
I ragazzi di oggi spesso partecipano a giochi o sfide estreme, lanciati e diffusi proprio sul web, senza tener conto delle conseguenze, potenzialmente anche letali. Il tutto viene prontamente ripreso e immortalato dalla fotocamera del proprio smartphone con foto o video da pubblicare sui social network e condividere online o via chat.
Le chiamano “challenge” cioè “sfide”, le vivono come giochi, ma NON sono giochi. Lo fanno soprattutto per trasgressione, per far salire l’adrenalina, per rinforzare il ruolo all’interno del gruppo dimostrando a se stessi e agli altri il proprio coraggio.
Come può un genitore arrivare prima?
Per prevenire questi comportamenti rischiosi, gli adulti di riferimento, per prima cosa devono essere consapevoli dell’esistenza di questi fenomeni, conoscerne il funzionamento, monitorare i contenuti dei video che i ragazzi guardano quotidianamente in modo tale da saper cogliere precocemente i segnali d’allarme ed educarli in merito fin da quando sono piccoli.
Queste sfide estreme e giochi, NON sono il prodotto del momento, sono sempre esistite all’interno dei fenomeni di gruppo e si sono tramandate un po’ come il nascondino. Oggi la rete però ricopre un ruolo negativo e riveste una funzione di amplificatore di questi comportamenti, che assumono proporzioni sempre più allarmanti e difficili da contenere, creando delle distorsioni che portano i ragazzi a rischiare la vita con più superficialità e frequenza.
Esempio il blackout, ossia il “gioco” attraverso il quale si ricerca lo svenimento, è passato dal farlo con le mani al collo ad una corda solo perché girano questi video in rete.
È anni che lo tocco con mano e mi meraviglio di come nessuno faccia niente, ma sul web ci sono anche video tutorial, ossia video che spiegano come fare questi giochi non giochi, che lanciano sfide ai ragazzi, li invogliano, anche indirettamente, a partecipare perché il vero guadagno sta nella condivisione e nel rendere virale un fenomeno.
Si lanciano le sfide anche tra loro ed esistono migliaia di video in cui anche loro partecipano e si esibiscono in prima persona. Il gruppo, se nell’era non tecnologica aveva una proporzione pari a cinque, sei, dieci membri, ora è arrivato a migliaia di persone e quindi li porta e li porterà sempre più al limite.